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Advertising Barter
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Advertising Barter: il cambio merce pubblicitario

In Italiano si chiama “cambio merce pubblicitario” ma, si sa, l’inglese è oramai d’uso comune, consideriamola quindi come parte del lessi comune e vediamo di cosa si parla quando ci si riferisce all’advertising barter (o bartering).

Il bartering non è certo un sconosciuto anzi, è una pratica commerciale che dilaga da molto tempo in tutto il mondo e che permette di muovere volumi di pubblicità con più semplicità rispetto al classico pagamento in moneta. Le aziende che acquistano pubblicità hanno l’interesse a pagarla il meno possibile e questo diviene possibile usando le loro merci al posto del denaro. I motivi perché ciò risulti più conveniente sono tanti ed alcuni troppo complessi per essere affrontati in questa sede. Ve ne basti uno su tutti,: più alta è la mia produzione, più possibilità ho di trattare prezzi migliori coni miei fornitori. Quindi se una parte di ciò che produco viene venduta ad utile zero, in realtà avrò comunque conseguito il vantaggio di acquistare dai miei fornitori ad un prezzo migliore anche ciò che uso per le produzioni destinate alla vendita tradizionale. Null’altro che la lapalissiana applicazione di una delle regole fondamentali del commercio: più compro meno pago.

Al tempo stesso i media hanno tutto l’interesse a collocare i loro spazi pubblicitari anche sottocosto. Pensate a giornali e riviste in chiusura che non hanno piazzato tutti gli spazi pubblicitari originariamente previsti: in quel momento, qualche giorno o qualche ora prima della chiusura, qualunque cosa essi incassino per uno spazio ancora invenduto è qualcosa in più rispetto a pochi minuti prima. Quindi, ad un certo punto, anche una maglietta da rivendere contribuisce alla formazione dell’utile finale (naturalmente parliamo di volumi ben più importanti) e, soprattutto, non obbliga a rivedere l’impaginazione (che sarebbe un costo) o ancora non obbliga a riempire gli spazi con contenuti (notizie) di nessun interesse e di scarsa qualità.

Si è cosi sviluppato un fiorente mercato che verte sulla pratica commerciale più antica del mondo. Possiamo senza ombra di dubbio affermare antica quanto l’uomo: il baratto. Quando infatti non era ancora stata inventata la moneta, il baratto era l’unica soluzione per far incontrare le esigenze delle parti in causa. Ci si scambiava una parte di quello che si possedeva in modo che tutti potessimo avere un po’ di tutto. L’aspetto di questo fiorente mercato che tutti conosciamo è indubbiamente rappresentato dagli shopping club. È infatti in questi tempi degli affari, frequentati da veri e propri aficionados dello shopping più sfrenato, che i media (o le concessionarie di pubblicità) monetizzano i beni ed i servizi ricevuti dai loro clienti in pagamento. Ed essendo che il valore attribuito a queste merci è solitamente molto basso, ne deriva che negli shopping club si possano fare veri e propri affari.

Esistono però alcune regole fondamentali nella pratica dell’advertising barter. La più importante è che gli shopping club sono accessibili solo ed esclusivamente a clienti tesserati in quanto le aziende hanno sì l’interesse a pagare la pubblicità in merce ma, al tempo stesso, non possono far entrare in crisi la tradizionale rete vendite. Se gli shopping club fossero aperti a tutti, fossero pubblicizzati, e praticassero la vendita online, allora, grazie ai prezzi che sono in grado di praticare, toglierebbero lavoro ai negozi inflazionando il prodotto.


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